Sull’annosa questione della “socializzazione”, dell’ “isolamento” degli unschooler e homeschooler ci sarebbe molto da dire e molto ho letto nei blog sull’educazione parentale. Ad oggi non ho trovato studi sociali o psicologici sulla socializzazione degli unschooler: ho trovato però in internet al sito http://www.treccani.it un esaustivo sommario di che cosa sia la socializzazione in sociologia e psicologia, con in appendice note bibliografiche da approfondire. Processo interpretabile e in continua interpretazione ha avuto anni d’oro e anni più sfortunati nel mondo accademico e intellettuale: riporto qui di seguito uno stralcio dal sito Treccani, che mi sembra indicativo di come la cosiddetta “socializzazione” sia un fenomeno molto complesso, variabile a seconda delle teorie, decisamente non riconducibile alla scuola come luogo per eccellenza della relazione tra pari. Questa relazione si svolge nell’arco della vita e in particolare è l’adolescenza il momento in cui il soggetto sperimenta l’autonomia, la responsabilità, o meno, apprese durante l’infanzia, proprio nel rapporto con i familiari.
“La riuscita della socializzazione può essere valutata in base all’adattamento tra individuo e ambiente, al grado di conformità del bambino e dell’adolescente alle aspettative della società, e alla capacità delle agenzie di socializzazione di assolvere i propri compiti secondo determinati standard culturali. Richiamandosi all’interazionismo simbolico e alla teoria critica, Habermas (v., 1973) ha proposto quali criteri di una socializzazione riuscita la capacità dell’individuo di interpretare determinati ruoli sociali, di osservare le norme in modo autoriflessivo e di partecipare all’interazione sociale come agente autocosciente. Viene ribadito in questo modo che l’efficacia della socializzazione non può essere giudicata solo dalla prospettiva della conservazione dell’ordine e dell’integrazione sociale, ma deve essere considerata anche in termini di autonomia individuale e di autorealizzazione. Nell’analizzare la struttura e le dinamiche dell’agenzia di socializzazione, in modo particolare la famiglia, non si può prescindere dalle differenti opportunità di vita e dalle limitazioni legate alla posizione di classe e alle reti sociali. Il tipo di socializzazione all’interno della famiglia è determinato in larga misura dai privilegi o dagli svantaggi materiali e culturali, dalla posizione e dai ruoli dei genitori nei sistemi di produzione e riproduzione. Le ineguaglianze di risorse finanziarie, sociali e culturali tra le famiglie che appartengono a diversi strati sociali sono responsabili delle ineguali opportunità sociali che vengono offerte ai figli (v. Bourdieu e Passeron, 1970). All’interno della famiglia, inoltre, si va verificando un lento ma progressivo mutamento della divisione del lavoro tra uomini e donne, che influenza la trasmissione di valori e progetti di vita legati al genere.
Gran parte della ricerca sulla socializzazione è frutto di studi condotti attraverso le tecniche del questionario, dell’intervista e (raramente) dell’osservazione sistematica. Recentemente si è affermata una combinazione di metodi standardizzati e metodi qualitativi – ad esempio negli studi sulla transizione dalla scuola al mondo del lavoro (v. Heinz, 1998) e sulla condizione giovanile – che associano metodi di rilevazione e dati biografici (v. Fischer e Zinnecker, 1992; v. Cavalli e De Lillo, 1988).
Data la predominanza di progetti di ricerca standardizzati e la frammentazione delle prospettive teoriche sulla socializzazione, l’analisi dei dati e i progressi pratici non possono sopperire alla mancanza di una teoria integrata. Poiché i progetti sperimentali e le ricerche trasversali standardizzati si rivelano inadeguati a cogliere le complesse interrelazioni tra individuo e ambiente sociale, le spiegazioni e l’istituzione di nessi causali tra socializzazione nella prima infanzia e rendimento nelle fasi successive della vita si basano sul metodo del case study – un’indagine approfondita e prolungata nel tempo della singola persona – e sulle ricerche longitudinali. Trattandosi di un metodo di indagine piuttosto dispendioso che richiede la possibilità di seguire un soggetto per un periodo di tempo molto lungo, le ricerche longitudinali sono in larga misura retrospettive, ossia ricostruiscono gli effetti degli eventi biografici, delle transizioni e del contesto sociale sullo sviluppo della personalità. Occorre osservare infine che la ricerca è tuttora focalizzata quasi esclusivamente sull’apprendimento sociale e sullo sviluppo dell’individuo nel contesto della famiglia e della scuola, e quindi non presenta la socializzazione come un processo che si svolge lungo tutto l’arco della vita. Mancano, ad esempio, dati empirici sugli effetti del cambiamento del posto di lavoro e dei modelli familiari sul concetto del Sé e sul comportamento di ruolo degli adulti, e quindi anche sui rapporti di socializzazione intergenerazionali.”