Il rapporto di parentela genera un ruolo che diventa una sorta di rendita vitalizia: ossia il fatto di essere “papà” o “mamma” sembra dare il diritto di essere amati a prescindere da ciò che una persona fa in concreto.
Un bambino “deve” voler bene alla mamma, allo zio, alla cugina, indipendentemente da ciò che questi sono o fanno.
Ciò porta al mito della “famiglia” che costruita su diritti acquisiti e sovente mai guadagnati, è in realtà un “piccolo inferno” per dirla a là Dostoevskij. E i bambini vengono lasciati alla mercé di cattiverie di adulti mascherati dietro le etichette parentali, che garantiscono di un affetto che può anche non esserci per nulla, o peggio essere un sentimento negativo o distruttivo.
Come dice il detto: “Avere un bambino non fa di te un genitore, più di quanto avere un pianoforte non fa di te un pianista.”