Che cos’è cambiato nella scuola italiana dopo la pandemia? Le aule sono state ristrutturate per consentire agli studenti di vivere in un ambiente spazioso, arioso, con isole differenziate a seconda delle attività? Il numero dei bambini è stato dimezzato in modo da costituire gruppi di lavoro idonei (max 12)?
No, nulla di tutto questo, a parte forse qualche realtà di cui, se ne siete a conoscenza, vi invitiamo a segnalarci nei commenti. Nella scuola non è cambiato nulla, e neppure si parla più della pandemia. Conferenze, workshop, e incontri su tematiche fondamentali, ecologia, genere, migrazione… Ma nessun incontro per aiutare studenti e famiglie a elaborare l’esperienza pandemica. Qual è e dov’è quindi il ruolo educativo tanto decantato dell’istituzione scolastica, se chi vi lavora non si fa carico di una riflessione articolata su queste tematiche? Il grosso problema per gli adolescenti è se usare la schwa, nel rispetto di tutte le differenze, certo. Due anni di computer, isolamento, mascherina, e poi riprendiamo con interrogazioni (che nei paesi anglosassoni non esistono da decenni), verifiche, votacci e valutazioni. In fondo che cos’è successo? Per fortuna c’è uno psicologo in tutte le scuole, una figura che aiuta a normalizzare, diagnosticare, segnalare. Proprio ciò di cui gli studenti hanno bisogno, e a cui ricorrono in centinaia di migliaia, proprio a scuola, in quell’ambiente in cui gli studenti hanno timore di parlare, di esprimere la propria opinione, in quanto verrebbero sanzionati, giudicati, penalizzati. Ma i quotidiani non parlano di nulla, i problemi sono ben altri… non certo quelli dei milioni di piccoli e meno piccoli che un giorno dovranno assumersi il carico dello sfacelo di quest’oggi.